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Sogni e nostalgia: DADAMAX e un nuovo modo di vedere il vintage.



 

Sogni e nostalgia: DADAMAX e un nuovo modo di vedere il vintage.



 

Credits CONCETTAMAGAZINE

Ho sempre avuto una passione per il vintage, ma DADAMAX mi ha davvero rapito il cuore. 
Ho parlato con Dada, la fondatrice del brand, che mi ha spiegato meglio il suo progetto, le sue fonti d’ispirazione e i suoi sogni per il futuro.

Una designer con un piede sulla luna.

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Chi è Dada?

Sono una designer, mi sono diplomata nel 2012 e dopo un largo giro di boa fatto di esperienze lavorative in aziende, progetti in team, curiosità verso l'arte e creatività in generale, è nato nel 2016 DADAMAX.
Il fatto di costumizzare e rielaborare i capi è stata però una costante della mia vita, da quando a 13 anni mi regalarono la prima macchina da cucire. Vengo da una piccola città, Formia, dove non c’erano molti negozi: i vestiti li compravo quando andavo in gita con la scuola. Mi ricordo una volta a Londra in cui ho dovuto chiedere un “prestito” ad una professoressa perché ho finito subito tutti i soldi nei negozietti vintage di Camden Town! Ricamare e dare una vita a nuovi capi è sempre stato la mia valvola di sfogo. Per me è sempre stato questo. Una passione intoccabile.
 

I tuoi lavori consistono principalmente nel dare una nuova vita a giacche vintage. Quanto è importante il recupero e il rapporto con il passato nel tuo lavoro?

Nel 2012 ho perso mio padre e ho tenuto gran parte del suo guardaroba. Lui vestiva in maniera elegante, aveva tanti completi che ho deciso di tenere e rielaborare, per indossarli. Li stringevo, personalizzavo e poi li mettevo per uscire. Molto spesso alle persone piacevano e mi chiedevano dove li avessi presi!
Io sono una nostalgicona e provo empatia anche per gli oggetti. Non mi piace buttare i vestiti, ma piuttosto dare loro nuova vita e nuova forma. Le mie giacche sono state di mio padre, così come quando le compri ad un mercatino sono state di altri padri, zii e nonni. Vorrei che chi indossa queste giacche si possa sentire protetto, come succede a me. Rielaborandoli, i vestiti diventano come un amuleto.

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É pazzesco il fatto che tu prenda l’ispirazione dai tuoi sogni e dalle tue visioni. Puoi spiegarmi meglio? Mi capita di fare dei ritratti su commissione, e in quel caso abbozzo il disegno e parto da immagini precise ma tendenzialmente i ricami sono fatti in freestyle. È come se andassi in trance: ricamo un volto che sembra sempre lo stesso, ma non so esattamente chi sia. Non ho una foto a cui mi ispiro, è più simile a una visione. I miei pensieri e la macchina da cucito vanno cosi veloce che è tutto quasi istantaneo.

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Hai vestito Levante, Ghali, Gemitaiz, i Negramaro e tanti altri, ma chi vorresti davvero riuscire a vedere con i tuoi capi?

Sono molto felice di vedere le mie giacche sugli artisti che mi piacciono, ma mi piacerebbe anche vederle sui loro “legittimi proprietari”: dei signori anziani. Sarebbe un sogno vedere un signore, qui a Napoli, che gioca a carte indossando una giacca Dadamax! Sarebbe come un cerchio che si chiude.

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Parliamo adesso del tuo stile pazzesco: oltre a Dadamax, quale capo non deve mai mancare nei nostri armadi?

Una giacca classica, a prescindere dal brand. Perché è eterna, esiste da sempre e in qualsiasi variante. È un concetto chiaro che ti racconta una storia immediatamente, sopratutto se vintage. Da donna, ti rende più sicura, più cazzuta. Io mi sento protetta. Come una corazza, non dove mi nascondo, ma con cui sono più forte.  Per un uomo, non è solo un capo elegante, ma un jolly da sfruttare in ogni occasione.

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